La pallavolo trentina vive di paradossi che, come
il dizionario recita è una “ proposizione che per forma o contenuto si oppone
all'opinione comune o all'esperienza quotidiana, riuscendo perciò sorprendente
o bizzarra”. Uno di questi paradossi è senza dubbio quello legato, nella
pallavolo maschile, al tema degli allenamenti: se un atleta ripercorre la sua “carriera”
noterà come agli anni felici delle giovanili dove ci si faceva il mazzo in palstra
alla parete, eri seguito con attenzione, ti beccavi i rimproveri che ti
meritavi si sono sostituiti, appena messo fuori il naso nel mondo, anni tragici
di confusione e pressappochismo, inevitabile preludio per molti all’ abbandono
dell’ attività agonistica per i più divertenti campetti dell’ oratorio.
Mi spiego meglio: ma non dovrebbe essere che più
vai avanti negli anni, più apprendi i fondamentali, affini la tecnica (e di
conseguenza meglio giochi) migliori anche il livello dello stare in palestra? E
invece il Trentino che noi tanto amiamo va all’ incontrario. Sì perché nelle
giovanili dove non sei bono neanche a far arrivare un pallone in posto 4 hai
dietro 1° 2° allenatore, dirigente accompagnatore, scoutman che ti dicono come
posizionare i piedi, girare il busto ecc. E invece dopo, in serie C la MASSIMA
categoria regionale sei fortunato se agli allenamenti ti presenti in 10, se il
tuo allenatore non dice la fatidica frase “stasera calcetto” (questo per due
volte in settimana perché logicamente andando avanti con gli età 3 allenamenti
sono troppi…4 figuriamoci) e se al sabato metà squadra non va alle terme con
rispettive morose o a qualche festa di compleanno. So cosa state pensando: “ ma
cosa rompi, giochi in serie C trentina, dove il livello è pessimo, se metti
fuori il naso dalla regione prendi mazzate, pensa a lavorare…ma se sei così
forte vai in serie B (non che attualmente ci sia molta scelta anche di quelle
in regione). Ma su questa cosa vi faccio riflettere: già nel maschile i numeri
sono ridotti all’ osso, praticamente non si riesce più ad organizzare
campionati senza la presenza dei fuori quota (invidia massima per il femminile
che deve fare 4 gironi per ogni campionato giovanili che non ci stanno tutte in
palestra): se poi la prospettiva per questi ragazzini è finire in “prima
squadra” dove si fa tutto forchè giocare a pallavolo e uno non ha la
possibilità/capacità di andare a giocare fuori perché ci si stupisce tanto dell’
abbandono dei ragazzi o degli scarsi numeri? Io farei un bel mea culpa e
eviterei di filosofeggiare sull’ argomento.
Arriviamo all’ ultimo punto, quello che piace
tanto ai contabili: i soldini. Sarà mica un caso che i migliori allenatori del
maschile, che da tempo immemore lavoravano nel settore anche con ottimi
risultati in B2 e B1 (si bambini un tempo in trentino c’era la B1, ma che dico
LE B1…ne avevamo ben 2)siano passati ad allenare U14 femminili? Dite che
volessero aggiungere a curriculum l’ esperienza? Di certo non puoi restare nel
settore maschile se vedi che i tuoi colleghi nel femminile prendono il doppio
di te e vedi che tutto intorno la situazione sta precipitando.
Quindi siamo d’accordo, ad oggi non possiamo
permetterci di avere le B2 e le B1 come una volta, c’è la crisi e probabilmente
non ci sono neanche i nomi per provare a salvarsi ( anche se io qualche idea di
outsider ce l’ avrei): ma dite che fa così schifo fare una bella squadra in
serie C, è una così brutta lettera che tutti la evitano e la bistrattano? Non
faccio il contabile ma penso che tenere in piedi una serie C con un progetto
(mamma che parolona) a lungo termine non sarebbe proprio una brutta cosa. Io di
società che lavorano così ne ho incontrate negli anni e ho sempre visto
raccogliere i frutti più o meno grandi che fossero. Certo è che se fosse così
facile ci avrebbero pensato sicuramente altri, non scopro certo io l’acqua
calda…(forse)
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